Ahmad Benali non è mai stato un uomo da copertina, eppure il suo addio lascia un segno profondo. Con il passaggio alla Virtus Entella si chiude una parentesi importante e intensa con la maglia del Bari, fatta di intelligenza tattica, professionalità e di quel silenzioso attaccamento alla causa che non sempre fa rumore, ma che spesso fa la differenza.

Del suo percorso in biancorosso restano alcune immagini nitide. La leadership silenziosa, l’ordine in mezzo al campo anche nei momenti peggiori, la capacità di dare respiro al gioco in un contesto spesso caotico. Benali era uno di quei pochi a salvarsi nella tempesta, in grado di alzare il livello tecnico e mentale della squadra anche quando intorno a lui tutto sembrava vacillare.

Da non dimenticare neanche la dignità con cui ha vissuto i momenti in panchina, senza mai una polemica, e la puntualità con cui ha sempre risposto quando chiamato in causa. Una rarità nel calcio di oggi.

Ma non si dimenticheranno nemmeno i suoi strappi palla al piede, le linee di passaggio aperte con un tocco, il modo con cui dettava tempi e ritmo abbassandosi tra i centrali o alzandosi tra le linee per dare una soluzione. Non un trequartista, né un regista puro, ma in Serie B pochi hanno la sua pulizia tecnica e il suo senso della posizione. Ogni sua giocata era misurata, mai banale, spesso determinante nel far uscire il Bari dalle secche di una manovra prevedibile.

Il suo addio è uno spartiacque simbolico: il centrocampo dell’anno scorso è stato cancellato, pezzo dopo pezzo. Ma se c’è un giocatore che avrebbe meritato un posto anche nel nuovo corso, quel giocatore era Ahmad Benali. Perché certe presenze non si misurano solo in minuti giocati, ma nell’eredità che lasciano.

Sezione: Copertina / Data: Dom 03 agosto 2025 alle 07:00
Autore: Enrico Scoccimarro
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