L'Italia che nel 1945 usciva dalla Seconda Guerra Mondiale era un paese distrutto e diviso. Vent'anni di dittatura, le ferite dei bombardamenti ed uno scontro fratricida avevano segnato nel profondo il paese, che però manifestava la voglia di lasciarsi le difficoltà alle spalle e di ripartire, ritrovando la capacità di sognare nuovamente un futuro roseo.
Così, mentre il governo Pella, entrato in carica dopo la fine delle ostilità, provava a riorganizzare la transizione del paese verso la normalità, il calcio fu subito identificato come uno strumento per poter ridare energia e speranza alla popolazione. Non bisognava aspettare, i campionati dovevano subito ripartire. La distruzione delle linee che fungevano da comunicazione fra le varie zone della penisola non frenarono la voglia di ridar vita ad un torneo dove, appena due anni prima (si continuò a giocare fino al 1943, nonostante la guerra, per volere di Mussolini), il Bari era retrocesso in Serie B. Per ovviare agli enormi problemi degli spostamenti, fu deciso di abbandonare momentaneamente la formula del girone unico, adottata nel 1929, e dividere il torneo in due gironi. Al Sud non vi erano abbastanza squadre rimaste in massima serie, e così la formazione del capoluogo pugliese fu riammessa fra le grandi. Il 14 Ottobre 1945, a soli sei mesi dalla fine delle ostilità, il pallone tornava a rotolare sui campi italiani.
I galletti, allenati da Raffaele Costantino prima e dall'ungherese János Nehadoma, chiusero secondi a pari merito con il Napoli il girone centro-meridionale, che fu ribattezzato "Misto" proprio perché includeva squadre di A e B, e si qualificarono per il girone finale. Lo storico Gianni Antonucci ricorda le complessità date dallo spostamento in zone dove, fino a pochi mesi prima, si muovevano quasi esclusivamente carri armati. Nella prima trasferta a Palermo, ad esempio, la società dovette noleggiare un furgone delle poste perché le linee ferroviarie erano impraticabili.
Nella fase nazionale i risultati non furono positivi, e la squadra chiuse ultima con solo cinque punti all'attivo. Il passaggio alla competizione nazionale, comunque, garantì la permanenza in massima serie, ed aprì la strada al settimo posto ottenuto nella stagione successiva. Ma l'aspetto più importante di quella stagione è rappresentato dalla voglia e dal desiderio di lasciarsi alle spalle il passato e di trovare motivi per ricominciare a sognare. La voglia di sorridere e ripartire era più forte del dolore, ed il calcio rappresentò uno degli aspetti che ridiede vita alla nuova società italiana.
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