La notte dello Scudetto è stata azzurra, com’è accaduto due anni fa. Il Napoli ha sollevato di nuovo il tricolore, segno di un progetto che, pur tra mille difficoltà, si è rivelato vincente. Una festa legittima, costruita con merito, che ha acceso il cuore di una città intera e riempito d’orgoglio una proprietà che in quell’impresa ha sempre creduto. Ed è inevitabile, a sud, sentire riecheggiare un pensiero tanto diffuso quanto spesso fuori fuoco: e il Bari?
La domanda ha senso, ma non nel modo in cui viene solitamente posta. Non si tratta di gelosia, né di un confronto tra chi ce l’ha fatta e chi invece arranca tra le incertezze della Serie B. La questione vera è un’altra: cosa vuol fare questa proprietà del Bari?
Perché la verità è sotto gli occhi di tutti. Da sempre, la famiglia De Laurentiis ha investito energie, risorse e visione principalmente sul Napoli. È naturale, persino logico. Il Napoli è il cuore dell’impresa, il progetto nato per primo, la squadra con cui si è arrivati al tetto d’Italia. Pensare che il Bari possa ricevere lo stesso trattamento sarebbe ingenuo. Eppure, questo non significa che il Bari debba vivere come una costola, o peggio, un’appendice secondaria.
Il punto, allora, non è chiedere un cambio di priorità. Nessuno a Bari deve illudersi che i De Laurentiis concentreranno la stessa attenzione, lo stesso personale, la stessa forza decisionale sul San Nicola come sul Maradona. Ma proprio per questo, serve una scelta chiara. O si costruisce un progetto autonomo, professionale e serio per il Bari, con persone giuste ai posti giusti e con l’ambizione di salire, consolidarsi e restare in alto; oppure si prenda atto dei limiti strutturali di questa comproprietà, e si decida, finalmente, di vendere.
Non si tratta di pretendere un modello Napoli. Sarebbe persino sbagliato. Bari ha bisogno di un'identità propria, compatibile con il suo contesto e con la sua storia. Ha bisogno di una visione, di strategia, di programmazione e di interlocutori credibili. Non basta investire in qualche calciatore o fare proclami a inizio stagione. Servono dirigenti di peso, allenatori scelti con criterio e continuità, strutture tecniche solide. Altrimenti si resta sospesi, con il fiato corto e le illusioni appese a ogni campionato.
I successi del Napoli non tolgono e non danno nulla al futuro del Bari. È un errore pensarlo. L’unica cosa che conta, oggi, è capire se chi ha in mano le chiavi della società biancorossa ha davvero voglia di farla crescere. Perché il tempo dei bilanci di comodo è finito. La città merita risposte. E presto.
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