La partita del Rigamonti-Ceppi ha ufficialmente aperto la crisi del Bari. Come detto da Ciro Polito, mai nella sua gestione i biancorossi erano stati così in difficoltà da un punto di vista tecnico e mentale. In particolare, nel secondo tempo della sfida contro il Lecco, la squadra di Marino è sembrata rassegnata, senza alcun mordente e senza alcuna convinzione di potersi elevare al di sopra di una mediocrità a cui sembra ormai abituata. La rassegnazione a non poter raggiungere gli obiettivi prefissati rischia di tradursi presto in paura. Paura di trovarsi coinvolti in lotte molto pericolose. D'altronde i punti di margine sulla zona paly-out sono appena due.
Non è la prima volta nella storia del Bari che la squadra si trova a vivere un campionato di Serie B in cui sembra non poter chiedere nulla di più che la salvezza. Addirittura, per tutti i primi anni Duemila il club biancorosso non è mai riuscito a trovare una dimensione alta nella cadetteria. Si pensi alla complicata stagione 2002-03, in cui sotto la guida di Perotti prima e di Tardelli poi i biancorossi strapparono uno stentato decimo posto, senza troppe emozioni. Molto peggiore fu, poi, la stagione seguente in cui i galletti di Tardelli e poi Pillon si piazzarono al ventunesimo posto, valido per i play-out. Play-out che furono poi persi beffardamente contro il Venezia. A salvare dalla retrocessione il Bari in quell’occasione fu il fallimento del Napoli e il ripescaggio in Serie B.
Piuttosto cupi furono, poi, i tre anni successivi, quelli sotto la guida di Guido Carboni - capace di raccogliere due piazzamenti da metà classifica –, di Rolando Maran e Giuseppe Materazzi. Era un Bari totalmente privo di ambizioni di grandezza, incapace di lottare e di raggiungere traguardi di alta classifica. Questo rimase fino alla stagione 2007-08, anno in cui arrivò a Bari il salentino Antonio Conte. Un vincente. Lo era già stato da calciatore, lo sarebbe stato anche da allenatore. I suoi primi sei mesi in Puglia servirono a gettare le basi della grande impresa dell’annata successiva.
Dopo la retrocessione dalla Serie A, negli anni precedenti al fallimento, in diverse occasioni i biancorossi si sono attestati a un livello di mediocrità che sembra accostabile a quello di quest’anno: si possono citare in primis le due stagioni sotto la guida di Torrente. Era un Bari diverso da quello di quest’anno, che però stava smaltendo ugualmente un trauma: la brutta retrocessione dalla Serie A macchiata dal caso calcioscommesse.
Infine, da citare due stagioni partite con grandi speranze ma conclusesi nel grigiore di piazzamenti da metà classifica sotto le gestioni di Paparesta e Giancaspro. La prima è l’annata 2014-15 con Devis Mangia e Davide Nicola in panchina. Un Bari sulla cresta dell’onda per la meravigliosa annata precedente e rinvigorita dal cambio di proprietà, si trovò a veleggiare a metà classifica, senza particolari acuti, chiudendo al decimo posto. La seconda è la stagione 2016-17, con Stellone e Colantuono alla guida. Quella squadra concluse al dodicesimo posto in classifica con Galano come suo miglior marcatore, autore di appena 7 reti messe a segno.
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