La sconfitta di Venezia rappresenta l'ennesima figuraccia di una stagione che inizia ad assomiglia sempre più a quella di un anno fa, in cui il Bari, sfasciato e rimontato durante le due sessioni di calciomercato, provò una risalita che culminò con un autentico fallimento.
E ora ci si ritrova a malincuore a commentare e giustificare una nuova crisi, un nuovo scempio. Sportivo e non solo. Dal campo al mercato, nulla sta andando per il verso giusto al club biancorosso, finito nel mirino di una critica che, a sua volta, è finita qualche giorno fa nel mirino del diesse Sogliano, che ha di fatto accusato stampa e tifosi di mettere troppa pressione alla squadra. Un'accusa poco condivisibile e un tantino irrispettosa nei confronti di una città sì esigente, ma altrettanto paziente e volenterosa, che cerca ogni anno di ritrovare quelle motivazioni che, di anno in anno, qualcuno gli strappa via con prepotenza. A pugni in faccia. Bari non è Cittadella: con tutto il rispetto, la stima e l'invidia che nutriamo nei confronti della splendida realtà veneta, quella biancorossa non può essere considerata alla stregua di una piccola realtà del nostro calcio, dove non ci sono aspettative di sorta e tutto viene accettato con quella serenità tipica di chi sa di aver ottenuto già tantissimo. A Bari non può essere così: qui c'è fame, passione, storia e ambizione. Qui ci sono almeno 20mila spettatori allo stadio nei momenti di magra. Qui si respira calcio sette giorni su sette, anche nelle chiese. E il tutto non può rappresentare un deterrente. Ci sono società che pagherebbero pur di avere lo stesso sostegno, la stessa nutrita folla di tifosi, pazzi e innamorati, pronti a tutto pur di seguire in massa la propria squadra del cuore.
Grosso rifinisce sotto accusa. Ma non è l'unico colpevole. Certo, il tecnico con le sue scelte (spesso scellerate) ci sta mettendo del suo per rovinare quello che di buono era riuscito a costruire sino a fine novembre. A complicargli la vita, una campagna trasferimenti che non ha partorito alcun rinforzo. Anzi, visti i recenti risultati, si può affermare che la squadra è stata addirittura depotenziata, specie in difesa. Questo non deve però rappresentare un alibi per il giovane tecnico biancorosso, che non è comunque riuscito a dare un gioco definito e una precisa identità al suo gruppo.
Colpevole anche chi osserva in silenzio senza intervenire. A processo ci finisce anche il presidente Giancaspro, che non deve sentirsi immune da critiche e responsabilità. Il fatto di intendersi poco di calcio giocato (concetto spesso ribadito dallo stesso numero uno di via Torrebella), non può più scagionarlo. Quando ha deciso di mettersi alla guida di questo club sapeva a cosa andava incontro. E se le ambizioni sono davvero quelle che dice (serie A, stadio di proprietà, stabilità economica e longevità) non può più nascondersi dietro le quinte, apparendo e scomparendo come un'illusionista. Esca allo scoperto e prenda le giuste decisioni. E lo faccia con convinzione e serietà.
Fuori le palle. Questo lo slogan inneggiato con maggior frequenza ieri a Venezia dai tifosi biancorossi. L'invito, rivolto alla squadra, non può che essere condiviso. Perchè se i signori prima menzionati hanno le loro gravi responsabilità, da meno non sono di certo i paperoni dello spogliatoio. Apparsi ancora una volta svogliati, arrendevoli, senza dignità.
Autore: Redazione TuttoBari
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