Destinati a soffrire. Al di là di quelle che sono le opinioni e le speranze, quello che pare ormai certo è che a Bari, specie in questo periodo storico, si sia destinati a soffrire. Questo magari renderà più gustosa la vittoria, avvolgerà di maggiore fascino l'obiettivo raggiunto, quando e se mai lo si raggiungerà. Ma i tifosi non sono soddisfatti e iniziano a spazientirsi, cercando di trovare risposte e colpevoli. Che non possono essere incarnati sempre e solo da chi si alterna in panchina. 

La squadra gioca male e non vince più. Dopo la poco edificante prestazione contro il Cittadella, è arrivata quella incolore col Perugia. Un punto nelle prime due giornate del nuovo anno: meglio di così hanno fatto quasi tutte. Il galletto, che avrebbe dovuto già imboccare la corsia di sorpasso per recuperare terreno sulle tante, troppe formazioni che lo precedono, è ancora lì, con le ali socchiuse. Ma cosa manca a questa squadra per raggiungere il livello delle migliori? E' una questione d'organico? E' colpa dell'allenatore? C'è bisogno di ulteriori rinforzi? Niente di tutto questo.

Bari paga il suo recente passato. Stravolto come un calzino, il club deve ancora trovare la sua identità. E non può essere altrimenti. Negli ultimi tre anni, si sono avvicendate tre proprietà diverse, una sfilza di dirigenti e collaboratori, una marea di giocatori e una serie infinita di allenatori che, nei pochi mesi a loro concessi, hanno dovuto tentare scalate mai consumate. E' mancata dunque continuità, dalle scrivanie al campo. Un progetto, per definirsi vincente, ha bisogno di tempo e lavoro. Attento e mirato. Tutto quello che a Bari non è stato garantito per i motivi prima elencati. Troppi cambi, a tutti i livelli. Troppi tappi messi qua e la pur di ottenere in poco e con poco quello che altre società si guadagnano in anni di sana e lungimirante pianificazione. Nonostante la confusione causata dai diversi terremoti che hanno investito il club negli ultimi tempi, si è comunque cercato (con evidente presunzione e poca lucidità) di ottenere un risultato non alla portata. Perchè per vincere e primeggiare, come detto, serve costruire. Dalle fondamenta. E per costruire serve tempo, quello stesso tempo che a Bari non viene concesso ne contemplato da buona parte della tifoseria, ormai stanca di vivere sospesa nell'incertezza.

La fotografia di quanto raccontato sta nelle operazioni di mercato condotte in questo mese di gennaio dal diesse Sogliano, che sta mettendo a disposizione di mister Colantuono una squadra quasi interamente rivoluzionata. Senza entrare nel merito delle tante trattative sin qui intavolate e concluse, pare però alquanto scontata la seguente riflessione: se a Bari si continuano ad alternare allenatori e interpreti con questa velocità, sarà sempre difficilissimo imbastire qualcosa di utile e vincente.

Il rovescio della medaglia. Rimettendo il discorso su un binario di maggior ottimismo, è lecito pensare che con Colantuono si possa finalmente dare continuità ad un progetto partito male con Stellone e continuato peggio nelle ultime settimane. Ma l'ex Atalanta gode di fiducia e credibilità, tanto da non rischiare la panchina. Ma se fosse lui, a risultati non ottenuti, a scaricare il galletto a fine campionato? Ecco che la striscia rivoluzionaria continuerà senza sosta e senza costrutto. 

Sezione: Editoriale / Data: Dom 29 gennaio 2017 alle 13:00
Autore: Andrea Dipalo
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