Vergogna! No, non è la diciassettesima sconfitta, né il quarantesimo goal subito ad indignare, quanto la flebile resistenza opposta dai galletti contro l’undici laziale.
Al quale sono bastati poco meno di cinque minuti per perforare la burrosa retroguardia barese ed infilare l’incolpevole Gillet.
Si resta basiti, esterefatti, quasi allibiti davanti ad una squadra che dovrebbe, almeno sulla carta, gettare in campo le ultime disperate forze per salvarsi e che, invece, trotterella allegramente per il campo, lasciando ad Hernanes la palma di autentico dominatore in campo. Il brasiliano,che davanti alla pochezza difensiva barese è apparso la reincarnazione a metà dell’estro di Pelè e dell’abilità balistica di Maradona, ha fatto quello che ha voluto, ingaggiando una sfida tutta personale con il malcapitato Gillet.
Ultimo, se non unico, a mollare, l’estremo difensore barese si è eretto a baluardo della porta biancorossa evitando un passivo più ampio nelle dimensioni.
Una squadra senz’anima che all’Olimpico ha finito per perdere anche la faccia. Perché al di là della solita litania, ripetuta ossessivamente dai giocatori baresi, la gara di Domenica tutto ha mostrato tranne che questo gruppo creda ancora nell’impresa della salvezza. Dov’erano la grinta, la cattiveria agonistica, la gagliardia che si richiedono a chi deve salvarsi?
E non tragga in inganno la seconda frazione di gioco poco più che dignitosa. È indubbio che la strigliata del mister Mutti e il fisiologico calo della Lazio abbiano contribuito a svegliare dal torpore Almiron e compagni, il cui forcing finale ha prodotto,però,solo la miseria di una occasione da goal, che il buon Donati ha pensato bene di spedire tra le braccia del portiere laziale Berni.
Per il resto, un gioco lento e ruminato, costellato da errori marchiani e da iniziative isolate, frutto della totale assenza di un progetto di squadra.
Il tempo dell’innocenza, quindi, è ormai scaduto. Per scongiurare il rischio di chiudere la stagione con una serie interminabile di sconfitte e delusioni, spetta al tecnico biancorosso il compito di mettere da parte chi non è animato dal sacro furore agonistico e attende con ansia il giorno in cui chiudere la valigia e andare via da Bari.
Questa piazza, fin troppo paziente e accondiscendente, merita più rispetto da chi riceve puntualmente lo stipendio a fine mese ed ha il dovere di onorare la maglia che indossa fino all’ultimo secondo dell’ultima gara di campionato.
Alla retrocessione in B manca solo la certificazione della matematica ma ciò non autorizza a spettacoli disgustosi e mortificanti come quello a cui i tifosi baresi hanno dovuto assistere in quel di Roma.
Chi non sente di essere più utile alla causa biancorossa si tiri fuori dalla mischia e lasci il posto a coloro che, sebbene meno dotati tecnicamente, sono più disposti a sudare e lottare per i colori della Bari.
Mutti non si tiri in dietro ed abbia il coraggio di scelte impopolari ma necessarie ad evitare che la stagione biancorossa si trasformi in un calvario senza fine.
Non lo merita questa città che, nonostante le sconfitte e l’ultimo posto in classifica, ha sempre coccolato e sostenuto i suoi beniamini, ma che ora è stufa di farsi gettare altro fango in faccia.
Autore: Paola Calamita
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