Né rabbia né orgoglio solo tanta confusione, approssimazione e scarsa propensione al sacrificio. Tutto questo è Bari-Napoli, con gli uomini di Mazzarri a cui è bastato il minimo indispensabile per portare a casa l’intera posta in palio.
Passi l’incapacità assoluta di mettere insieme due o tre passaggi di fila, taciuta l’inconsistenza del reparto offensivo,che risveglia dal torpore l’estremo difensore napoletano solo su una solitaria e disperata incursione dell’ungherese Rudolf, ma che ne è stato della rabbia, della ferocia agonistica e della grinta cui una pericolante deve appellarsi per sopperire al gap tecnico con le avversarie?
Ben lontano dal sudarsi le proverbiali sette camice, il Napoli ha avuto ragione di un Bari distratto,arruffone,perso nelle cervellotiche alchimie tattiche di mister Ventura, che ha pensato bene di riproporre Andrea Masiello da ala destra, non contento dei disastrosi esiti dell’esperimento nella gara casalinga contro il Palermo.
E poco importa che ai partenopei siano bastate due sole incursioni per centrare altrettante volte la porta di Gillet. Così come a nulla serve appellarsi ad una prima mezz’ora di gioco giocata alla pari con la seconda in classifica. Può forse accampare scuse una squadra che nell’intero arco dei novanta minuti di gioco non solo non arriva mai a calciare verso la porta avversaria, ma non riesce neppure ad imbastire un’azione degna di questo nome?
La situazione del Bari è palese agli occhi di tutti ed i numeri sono lì impietosi a dimostrarlo. Il successo nel derby, purtroppo, si è rivelato solo una terribile illusione, che ha trasformato quella che doveva essere la riscossa biancorossa, in un micidiale boomerag coinciso con le sconfitte in serie contro Bologna, Juve e Napoli.
E non sono tanto i 6 punti di distacco dai cugini giallorossi a preoccupare, quanto l’involuzione di un gruppo che solo un anno fa incantava tifosi ed avversari, esprimendo un gioco spumeggiante e brillante.
Di quel Bari e della libidine nel vederlo giocare sono rimasti i mugugni di Masiello, l’insofferenza di Almiron, l’evanescenza di Alvaretto e i cronici malanni di Barreto.
Che rabbia veder sgretolarsi domenica dopo domenica quel giocattolino perfetto, di cui con orgoglio ci si diceva tifosi e ne si seguivano le sorti.
Per carità, per chi come me ha conosciuto l’onta di altre retrocessioni(persino nella ora definita lega pro)non è affatto ignota la sensazione di sconforto e impotenza nell’assistere al tracollo sportivo della sua squadra del cuore.
Ma, se mai fosse possibile, oggi c’è qualcosa in più ad acuire la sofferenza provata a fronte di una squadra maledettamente fedele alla sconfitta, l’illusione di aver creduto nella possibilità che l’ascensore biancorosso stazionasse stabilmente ai piani alti della classifica.
Ebbene sì, ho pensato, invano, che fosse giunto anche per noi tifosi baresi il momento fatidico dell’ingresso in Europa e quel grande avvio di stagione non faceva che rinsaldare le mie convinzioni.
Purtroppo, però, la realtà nuda e cruda è di un Bari tristemente ultimo in classifica, incapace di ribellarsi ad un destino che pare ormai segnato.
Eppure, le condizioni per fare l’impresa( perché tale sarebbe)ci sono tutte. Invero, il divario dalla quart’ultima è tutt’altro che insormontabile. Certo, per riuscirci servirà un altro Bari e non quello dello scorso campionato, s’intende, ma una squadra più cinica, compatta, che remi in un’unica direzione mettendo da parte capricci e personalismi.
Al bando i Ventura sì ed i Ventura no, i pro e i contro Matarrese fino a giugno deve esserci un solo ed unico imperativo nell’ambiente biancorosso: salvare il Bari dal baratro della serie B!
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