Non ricordo la prima volta che sono stato allo stadio. O meglio. Ricordo di me bambino stretto a mio padre. La folla che entra al “Delle Vittorie”. La gente che spinge. I giocatori in campo. Le ricordo queste cose. Ma non so qual era la partita. Ricordo invece la prima volta al San Nicola. Era il 1990. Era Bari Milan. E agli spettatori veniva imposto di sedersi al posto corrispondente a quello segnato sul biglietto. Una cosa che non s'è più vista. Soprattutto quando poi allo stadio eravamo in 60.000. Anche perchè il San Nicola 60.000 persone non le potrebbe contenere. E quindi è logico che ognuno si deve arrangiare e sedersi dove trova posto.

Fischi, cori...
Ma questi problemi di sovraffollamento oggi non ci sono più. Allo stadio non viene nessuno sia che viene la capolista, sia che viene la Succignoni football club (squadra di fantasia... che se scrivevo una vera magari offendevo qualcuno!). Come sabato. Manco per venire a fischiare Ventura sono venuti i tifosi. Dico io. Non si fa così. Hai l'occasione di ricordare a Parisi di che pasta è fatto e non vieni? Dovevamo essere in 50.000. Invece niente. Però non ci arrendiamo. Già che stiamo. Un coro lo dedichiamo a Ventura. Uno a Parisi. Che in più si porta a casa parecchie bordate di fischi. E poi, a grande richiesta, tornano pure i cori contro la proprietà. Che sembravano spariti. Invece tornano sempre. Come i peperoni quando non li digerisci. Noi ci divertiamo così.

...o guerriglia?
Ma altrove non sono proprio dotati del dono dell'ironia. Prendi i tifosi del Grifone. Quando c'era da sfottere noi o i Doriani erano tutti pronti a fare belle battute. Ma ora? Ora che il problema ce l'hanno loro non scherzano mica. Anzi. I capi ultras hanno pensato di entrare in campo. Fermare la partita. E imporre ai calciatori di togliersi la maglia. Perché secondo loro la stavano disonorando. Diciamo la verità: se questa cosa l'hanno imposta ai giocatori del Genoa, a quelli che l'anno scorso giocavano a Bari dovevamo chiedere di consegnare la maglia, i pantaloncini, i calzettoni e le mutande. Ma anche la casa, la macchina, la villa e il conto in banca. Non voglio dire che sia giusto che i tifosi dettino i tempi dello sport. Anzi. Ma che a certi calciatori una lezione andrebbe data. Sempre in termini di civiltà, ovviamente. Al limite un paio di schiaffi a chi si vende le partite. O almeno una pedata sul di dietro. Non è compresa con l'abbonamento?

Il sogno in soffitta
Intanto questo campionato si avvia verso il congedo. E la curva si svuota sempre più. È triste. Io nel cuore porto ancora i giorni magici in cui andare allo stadio era una festa. In cui le squadre avversarie erano le regine d'Europa. E quando scendevano in campo al San Nicola avevano paura di fare brutta figura. Ma quei giorni son finiti. E dalle parole di Garzelli c'è da tremare. Pare che si sia in alto mare per l'iscrizione alla serie B. Perchè non ci sono i soldi per pagare l'irpef. E non ci possiamo iscrivere. Ma non alla Champions. Non ci possiamo iscrivere nemmeno alla serie B. Come siamo caduti in basso. Abbiamo messo in soffitta il sogno europeo. E ci siamo affacciati sul baratro provinciale. E pensare che io tifo Bari perché a Bari ci sono nato. Metti che nascevo a Londra a Buenos Aires o a Monaco di Baviera. Mica avrei mai tifato Bari. Intanto al cuore non si comanda. Biancorosso nasco e biancorosso morirò. Ma non posso fare a meno, in questi momenti davvero tristi, di ripetermi: maledetto il giorno che t'ho incontrato!

Sezione: Visto dalla curva / Data: Mer 25 aprile 2012 alle 11:00
Autore: Pasquale Laricchia
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