Ho le lacrime agli occhi. L'ho visto stringere tra le mani la maglia rossoblu. Se non piango è solo perché i tifosi della Bari sono forti. E io sono un tifoso. E quindi sono forte. Ma mi verrebbe. Perché l'uomo che ha vestito più volte di tutti la maglia biancorossa. Il capitano. Col numero 1, Jean François... Gillet, non sarà più un giocatore della Bari. Non sarà più il capitano dei galletti. Lui. Che tra la lingua belga e l'italiano ha scelto il dialetto barese. Che per anni ha dimostrato a suon di parate spettacolari che l'altezza non è tutto per un portiere. E non lo potrò più incontrare al supermercato. Dove mi faceva sentire speciale per il solo fatto che spingevamo il carrello uno accanto all'altro.

Storia d'amore
A livello umano è facile capire. Chi, tra noi, non sceglierebbe di prendere il treno della serie A. Chi, tra noi, rinuncerebbe alla nazionale e a palcoscenici importanti? E ancora, chi, tra noi, si abbasserebbe lo stipendio? Nessuno, ovviamente. E poi c'è anche l'affetto per un uomo che per 10 anni ha difeso i nostri pali. I nostri colori. Ci ha rappresentato in Italia e in Europa. E allora, come faremmo con un fratello, tutti a dire che è giusto che vada via. Che ci mancherà e lo terremo sempre nel cuore. Ma che, per il suo bene, è meglio se va via. Gillet: ti lasciamo perché ti amiamo troppo. Come nella più triste delle storie d'amore.

Ragioni da tifoso
Ma. C'è sempre un ma. In questa rubrica non ho mai cercato di assecondare la voce della folla. Piuttosto, negli anni, mi è parso di pensarla un po' come la folla. Non una folla qualsiasi, chiaramente, ma quella della nord. In questa occasione, però, io non la penso così. Mi spiego: sono triste per l'addio di Gillet. E umanamente convinto che ha fatto la scelta migliore. Meglio restare in A.  Meglio non ridurre ma aumentare il suo stipendio. Meglio non rinunciare alla nazionale belga. Ma perché noi tifosi della Bari dobbiamo essere sempre rassegnati? Perché dobbiamo sempre essere noi a capire le ragioni degli altri, mentre invece nessuno si sforza di capire le nostre?

A titolo d'esempio
In Italia il 99% dei giocatori non sono altro che mercenari. È parere diffuso. Che si dimostra ad ogni calcio mercato. Quante volte abbiamo visto calciatori baciare maglie che fino al giorno prima, in teoria, disprezzavano? Eppure. Ci sono anche le eccezioni: calciatori che sacrificano stipendio e carriera per una fede calcistica. E a cercare un esempio, ne viene in mente subito uno clamoroso: Gigi Buffon. Il portiere della nazionale al top della sua carriera scelse la B con la Juve. Non avrebbe rinunciato alla nazionale, certo. Non avrebbe rinunciato al denaro, ovvio. Ma le sirene che chiamavano Buffon non erano certo della provincia emiliana. Con tutto il rispetto. Buffon era ricercato dalle squadre più forti del mondo. O vogliamo dire che il fascino del Bologna è pari a quello del Real Madrid?

Parere personale
Insomma. Probabilmente sarò impopolare. Ma io dico la mia: un simbolo, se è simbolo vero, resta. E, come potrebbe essere nel caso di Bari, cerca di risolvere i problemi in maniera attiva. E poi, se proprio decide di andar via, spiega quali sono i motivi che lo spingono ad allontanarsi da una piazza che lo ama. E che lui dice di amare. Questa non è un'accusa a Gillet. A cui sono legato affettivamente. Ma è una amara analisi della situazione: dopo l'addio del presidente, e del capitano, gli unici che non abbandonano i biancorossi, a quanto pare, sono un manipolo di tifosi. Infatti in curva c'è sempre qualcuno a cantare. Come dice un mio amico: ti seguo sempre, anche se perdi  sempre.

Sezione: Visto dalla curva / Data: Mar 05 luglio 2011 alle 19:30
Autore: Pasquale Laricchia
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