No, quella di Bisceglie non è stata una bella prestazione. Scialba, senza continuità né sussulti a parte l'acuto finale di Antenucci, a tratti stanca. Il dibattito popola da ore i bar del tifo, dove emerge con sempre più insistenza un certo malcontento per quanto lasciato vedere fin qui dalla gestione Auteri. Dichiarazioni che hanno lasciato il segno, animato contrarietà di ogni tipo, analisi - quelle a fine gara del mister - che non sono piaciute per opposizione a quanto gli osservatori più viscerali hanno contestato.
Un assunto, quello dei sostenitori biancorossi, da non relegare esclusivamente a materie da palato fino. Vero, l'estetica appartiene alla dimensione della soggettività: ciò che è piaciuto ad Auteri, non è piaciuto a tanti appassionati. Ma da qualsiasi punto la si veda, il Bari di ieri ha deluso per mancanza di contatto con la fame richiesta da una rincorsa ormai disperata. Mentre la Ternana conduceva l'ennesima passeggiata della sua stagione, il Bari a Bisceglie rosicchiava tre punti con una fatica immane. "Una volta tanto è andata bene...", avranno sussurrato i più fidi alleati dell'ex tecnico del Catanzaro. E in effetti, la settimana iniziata con le interlocutorie discussioni un po' mistiche di concetti come fortuna e sfortuna, si è interrotta alla domenica con un ideale rovescio della medaglia, e una partita sporca, anzi sporchissima, vinta questa volta da un Bari perlomeno in grado di prendersi i tre punti.
Tutto bene? Non proprio. Sembra esercizio più che mai interessante oggi valutare i motivi del disamoramento dei supporters biancorossi circa la gestione del proprio tecnico. Presentato come cultore del bel gioco, esteta a misura di Serie C, Auteri ha faticato e sta faticando a costituire davvero una novità rispetto agli ultimi anni. Non è neppure una questione di risultati, insomma. Il Bari di Auteri sta tradendo proprio lì dove avrebbe dovuto fare fuoco e fiamme. Quasi una leggenda quella raccontata, nelle settimane estive, su quello che veniva ritratto come lo Special One della terza serie. Raramente i biancorossi sono stati convincenti. Le partite (poche) portate a casa in modo rotondo sono state immediatamente taciute da prestazioni sottotono. Nello scontro diretto con la Ternana, il Bari non l'ha vista mai.
Qualche perplessità, poi, inizia a spuntare pure su come la rosa sia stata costruita e se sia, veramente, a misura di un allenatore - Auteri - che utilizza un modulo con precise caratteristiche. Se si invoca oggi Rolando, come fosse Ro(n)aldo, un motivo ci sarà. Si invoca più gas sulle fasce, più dinamismo. Il centrocampo del Bari è oggi impostato, poco avvezzo all'inserimento, prova ne sono i pochi gol, ma anche i pochi assist che arrivano dalle corsie esterne. E pensare che l'anno scorso il Bari presentava un calciatore come Costa, criticato ma poi imperiosamente in crescendo sulla fascia mancina biancorossa. Un miraggio, oggi, che porta in dote anche un briciolo di nostalgia, assieme a tutti quei calciatori che il salto in B l'hanno fatto sì, ma con altre maglie e non con quella del Bari. Per non parlare della zona nevralgica del centrocampo, quella centrale, dove messo ko Maita, nessuno ha impersonato più i panni del leader.
Bianco, Lollo, De Risio non sembrano essere oggi i calciatori all'altezza dell'ambizione di una piazza che freme di passione. Se la Ternana sta facendo un campionato straordinario, la marcia del Bari appare oggi troppo normale; se, poi, parametrata con risorse, aspettative e slogan, non è forse - con franchezza - nemmeno sufficiente.
E allora, serve un cambio di marcia totale. Risorse vere dal mercato. Analisi più meditate, da parte di chi conduce e orchestra in campo. Con tutto il rispetto possibile verso la carriera di un allenatore navigato, Bari si conferma piazza esigente e tremendamente attenta a tutto. Niente pressioni, però. Non dia adito questo ai soliti stucchevoli capricci che negli anni hanno popolato stanze e spogliatoi biancorossi, dimostratisi incapaci - semmai - di reggere il rapporto con gli obiettivi massimi possibili. Le critiche questa volta arrivano dopo una vittoria. Quel che sorprende, insomma, è che a mancare sia paradossalmente, e persino, la voglia di salire sul carro dei vincitori. Si recuperi in fretta una piazza che continua a dare sempre più di quel che riceve. Meno parole, più fatti.
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